domenica 11 settembre 2016

Penny Dreadful - Primo Capitolo

Frankenstein, Dorian Gray, Lupi Mannari, Vampiri, Veggenti...
Tutti in un boccone. Indigesto, ho pensato. Vade Retro. Poi, casualmente, ho visto una puntata in notturna. E, non dico che mi sia ribaltata o che mi sia cascata la mandibola sulle ginocchia, ma il palato dei miei occhi ha esclamato:"Ancòra!"
Ci sono alcui verbi che non userò mai (shippare) e altri che userò poco: recuperare. Non si recupera nulla. Ho sfogliato puntate a caso, poi, ho deciso di mettere ordine.
Che sia una produzione sontuosa (e, quindi, anche costosa) salta agli occhi anche senza informazioni specifiche. Cast a parte, effetti speciali a parte. Il diavolo è nei dettagli, ma lo sono anche gusto, eleganza, e sontuosità, per l'appunto. Non c'è esibizionismo (tié, e fai vedé che abbondiamo! cit.), ma neanche una evidente urgenza di risparmiare. Il che, alla lunga, avrà condannato la serie alla chiusura anticipata. Non mi berrò mai la storia: Era già tutto previsto! Con un budget dimezzato, avrebbero allungato il brodo per altre 6-7 stagioni, come minimo. Sarebbero spuntati il fratello scemo di Frankenstein, la cognata ottantenne di Dorian Gray, una lupa mannara pentita persa per un lontano parente di Ethan, e una sorella-clone di Vanessa, pronta a rilevare la corona di protagonista in caso di defezione della suddetta. Con gli avanzi avrebbero creato perdibilissimi spin-off. Scampato pericolo. Tre stagioni. Perfetto così.






Consiglio per chi non lo avesse mai seguito: Guardate uno dopo l'altro i primi due episodi. Il primo non spazza via i dubbi.

Dunque, Londra fine '800. Ambientazione suggestiva ma pericolosa perché abusata, logorata.
Piena Rivoluzione Industriale, fumi e veleni che mangiano viva la città, l'aristocrazia delle armi che sfiorisce in favore dei borghesotti rampanti che si comprano e/o ottengono titoli grazie a commerci spregiudicati; guerre in giro per il mondo per sostenere i suddetti commerci spregiudicati. Un inesauribile fiume di nuova energia scorre sotto il putridume, le nuove scienze e conoscenze ammaliano e spaventano. Il controllo della propria vita, già esiguo, sembra sfuggire ad ogni respiro, a dispetto di opportunità mai conosciute prima. La piccola borghesia, precariato della nuova classe sociale, vive sul filo di un rasoio: basta una malattia, la morte di un datore di lavoro, un incidente di percorso negli ingranaggi di una piccola impresa per perdere tutto. La prigione per debiti, l'ospedale, la morte. L'Educazione non è più appannaggio di pochi privilegiati. Anche i ricchi borghesi assumono governanti e precettori francesi o tedeschi per i loro apatici rampolli, che perfezionano gli studi in costosissime scuole private; i piccolo-borghesi fanno del loro meglio, ospitando zitelle istruite ma povere, o accontentandosi di una didattica domestica affidata a volenterosi esponenti del clero. Gli Inglesi non hanno mai avuto un Wagner o un Verdi (vabbé, si sono rifatti in seguito: dagli anni '60 del secolo scorso in poi, la musica è inglese), neanche a parlare di un Rembrandt, di un Raffaello, ma sanno raccontare e amano ascoltare o leggere i racconti. Tecnicamente, il Romanzo è stato inventato dai Francesi, ma fu subito oscurato, mentre attecchì e fiorì in Gran Bretagna. Nel periodo di cui parliamo, la letturatura non era più confinata nelle biblioteche dei nobili e dei ricchi, imbalsamata in preziose edizioni, ma viaggiava anche nei modesti quartieri residenziali, quelli in bilico tra gli splendori di nuove ricchezze e una miseria per cui non bastano gli aggettivi. Charles Dickens fu il primo a spezzettarsi in economiche dispense, a imparare l'arte di lasciare il lettore ingolosito alla fine di un capitolo, in ansiosa attesa diel successivo.  E giravano, di mano in mano anche libretti, fogli e fogliacci. Alcuni raccontavano a tinte fosche e rosso-sangue i più truculenti fatti di cronaca - e il materiale abbondava! - e le storie vere diventavano leggende, si nutrivano di vecchie leggende. E poi i più o meno rozzi racconti di pura fantasia, pugni nella pancia, grondanti sangue, popolati di fantasmi e di strani ibridi, di delitti misteriosi. Distoglievano i più derelitti dall'orrore reale in cui vivevano, davano un piacevole brivido ai borghesucci annidati accanto al caminetto nelle loro rassicuranti poltrone.
"Penny Dreadful" cita nel titolo questa letteratura, ma, in realtà, non la rispecchia. E' più vicina all'insoddisfazione di chi si sentiva perso e stritolato dal pragmatismo spietato dei nuovi ricchi e dal cinismo dei vecchi conservatori come dai falsi idoli della Scienza legata alle conquiste industriali. E allora sognava viaggi esotici in terre lontane, dove i cattivi sono ben riconoscibili, ma hanno bellissime figlie da salvare, oscure e terribili divinità a cui sacrificare vite e preziosi papiri di cui non conoscono il significato nascosto né il valore. Un'altra, più sottile forma di Colonialismo e di Razzismo, direi. Ma i viaggi non hanno per destinazione solo terre esotiche abitate da orribili indigeni. Si scende a tentoni, con poca delicatezza, nelle oscurità più spaventose che si annidano sotto la perfetta e levigata corazza del conformismo anglosassone. Oscurità tanto più spaventose in quanto sconosciute. E allora il gelido, bellissimo orrore segreto di Dorian Gray, il Male assoluto avvolto nel pastrano del buon dottor Jekyll, gli esperimenti mostruosi nelle cantine e nei solai sbarrati del geniale Frankenstein. E l'incarnazione estrema della lotta tra il Bene e il Male, tra la Fede (non necessariamente religiosa) e la Disperazione, l'orrore del Vuoto.




Lo so, è tanto, è troppo, e, come i piccolo-borghesi eternamente in bilico tra un radioso avvenire ed una orrenda miseria, la serie è perennemente sull'orlo del grottesco involontario, ma non cade. Vacilla, ma non cade.

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